advertising
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La parola pubblicitĂ deriva da âpubblicoâ inteso nel senso ârendere notoâ, rendere pubblico.
La sua origine coincide con la nascita del primo commercio di prodotti, nato insieme allâuomo, e di cui oggi continua ad essere lâanima. Ai giorni di  Pompei era possibile vedere iscrizioni (sia sui muri che su oggetti comuni quali vasi o piatti) recanti messaggi pubblicitari in merito ai servizi offerte dalle terme, informazioni di spettacoli, di gare, annunci di offerte speciali delle botteghe, lâapertura di nuovi negozi, e la prima comunicazione politica dove nei manifesti veniva dichiarata lâonestĂ dei candidati alle elezioni ecc.; nellâinsieme, venivano a rappresentare i primi manifesti pubblicitari. In quel tempo, la pubblicitĂ iniziĂČ a prendere corpo, ad avere una certa forma grafica e ad usare un linguaggio adeguato al target, il tutto sviluppato in modo semplice e privo di tutte quelle che oggi si possono definire tecniche pubblicitarie. Ad esempio, giĂ i commercianti greci esponevano le loro merci accompagnandole da scritte accattivanti, e pure i librai della Roma imperiale, sotto i portici della via âArgiletumâ, attaccavano gli âantenati âdei manifesti (in pergamena, cera o, per far prima, scolpiti direttamente sui muri).
Dobbiamo considerare che a quel tempo la maggior parte della popolazione, circa il 90%, era analfabeta. A causa di questo, nasceva lâesigenza di veicolare il messaggio pubblicitario in un linguaggio comprensibile e facilmente memorizzabile, e visto che non si poteva usare il linguaggio scritto perchĂ© incomprensibile al target prescelto i bottegai usavano come insegna la rappresentazione grafica o immagine per pubblicizzare la merce. CosĂŹ le insegne delle botteghe divennero i primi manifesti pubblicitari della merce da vendere. Nel XIII sec., i commercianti assoldavano banditori ed araldi che giravano per le vie cittadine suonando tamburi e strillando primitivi slogan tipo âMastro Adelmo il re dei tessuti!â oppure  âComprate i sandali di mastro Primo!â. Dal XVI sec., furono gli stessi commercianti a diventare banditori di loro stessi, girando a bordo di carri per paesi e per cittĂ annunciando -sempre con grida- le meraviglie dei loro prodotti ed esponendo rudimentali cartelloni indicanti i loro nomi. Lâaumento della produzione dei prodotti commerciali, il proliferare di mestieri artigianali che creavano oggetti per la vita quotidiana e merci nuove importate da altri paesi diede vita alla concorrenza tra vari imprenditori / produttori e quindi nacque la  necessitĂ di farsi conoscere a popolazioni sempre piĂč vaste. Il 1600 vede la data di nascita della pubblicitĂ sui giornali. In Italia i primi giornali fanno la loro comparsa tra il 1630 ed il 1650, come ad es. La Gazzetta di Parma e quella di Mantova. Il primo annuncio pubblicitario a pagamento sulla stampa apparve nel 1630 sulla âGazetteâ francese, ed ebbe molto successo, tanto che il direttore ThĂ©ophraste Renaudot il 30 maggio del 1631 fa uscire il âFeuille du bureau dâadressesâ, il primo giornale della storia fatto esclusivamente di annunci a pagamento, seguito nel 1640 dallâinglese âMercurius politicusâ. Attorno al 1800 nacque un particolare sistema per fare pubblicitĂ per le strade e cioĂš lâuomo âsandwichâ: un uomo che passeggiando avanti e indietro per le strade principali, portava appesi al corpo per mezzo di bretelle, dei grandi cartelloni con messaggi o manifesti pubblicitari. Questo era sicuramente un metodo piĂč â visivoâ per attirare lâattenzione dei passanti, e rappresentava una innovazione rispetto al lavoro dello strillone finora visto. Nel 1845, in Francia fa la comparsa la prima concessionaria di pubblicitĂ , la âSociĂ©tĂ© GĂ©nĂ©rale des Annoncesâ, che gestĂŹ in esclusiva gli spazi pubblicitari di tre grandi giornali. LâItalia non stette a guardare e nel 1863 fu fondata la âManzoni organizzazioniâ che raccoglieva inserzioni per i piĂč giornali, e contemporaneamente, assicurava un flusso di denaro costante e crescente, permettendo lo sviluppo della stampa quotidiana dallâ800 ad oggi.
Per due secoli la pubblicitĂ rimase legata ai giornali; fu solo a fine Ottocento, con lo sviluppo della litografia, che iniziarono a vedersi sui muri di locali e cittĂ i primi manifesti disegnati da grandi artisti come Manet, Cheret, Toulouse-Lautrec e innumerevoli altri; il manifesto rimane ancora oggi icona della pubblicitĂ . Gli Stati Uniti, un passo sempre avanti, crearono la prima âagenzia pubblicitariaâ che offriva ai propri clienti un ventaglio di professionisti tra scrittori ed artisti per le proprie pubblicitĂ . La crescita vorticosa di questo nuovo metodo di comunicazione pose allâattenzione del pubblico i primi limiti comunicativi: la ristrettezza di spazi sui giornali e nei manifesti. Nel â900 questa disciplina assunse finalmente il termine di PubblicitĂ . Nel 1907 furono realizzati i primi studi su di essa e suoi aspetti sociali.
Con lo scoppio della prima guerra mondiale, la pubblicitĂ venne utilizzata per raccolte di denaro, arruolamenti (lo Zio Sam che punta il dito), difesa civile e cosi via. Finita la guerra, la pubblicitĂ assunse toni sempre piĂč professionali, tralasciando lâaspetto decorativo e affinandosi sempre piĂč nel linguaggio e nella grafica in relazione al pubblico a cui era rivolto il messaggio. Nel 1923 lâindustriale AndrĂ© CitroĂ«n tappezzĂČ Parigi di manifesti con su scritto âSe questa settimana il tempo Ăš bello guardate il cieloâ, mentre un aereo formava col fumo in cielo il nome CitroĂ«n. Nel 1925 sempre lui mise sulla Torre Eiffel unâimmensa insegna col suo nome illuminata da 200 mila lampadine (e lĂŹ rimasta sino al 1934). Una grande rivoluzione nella pubblicitĂ avvenne il 28 agosto 1922, quando la stazione radio AT&T trasmise il primo spot della storia (durata 10 minuti): sponsor la Queensboro & Co, che vendeva appartamenti in un quartiere di New York. Gli anni â30 videro la diffusione della radio. Trasmissioni a puntate seguitissime e sponsorizzate. Nacquero i primi concorsi sui settimanali, le prime promozioni vendite. Nel secondo dopoguerra in Italia fu un fiorire di nuove associazioni âa temaâ. Datata 1945 Ăš la nascita dellâAssociazione Italiana Tecnici Pubblicitari; lâUPA di lĂŹ a poco e seguita dalla Federazione Italiana della PubblicitĂ e cosĂŹ via. Colti impreparati, i pubblicitari Italiani nel dopoguerra videro lâascesa in casa loro di societĂ internazionali di pubblicitĂ , venute in aiuto agli investitori stranieri che lamentavano la mancanza di adeguate strutture locali. In questi anni si diffusero le conoscenze teoriche sulla comunicazione pubblicitaria e venne introdotto il vocabolario dei termini tecnici di questa disciplina. I bambini vennero scoperti come target privilegiato su cui puntare e presi di mira per pubblicizzare prodotti dedicati a questa fascia di popolazione.
La seconda rivoluzione avvenne negli anni â50 sempre negli USA, con la nascita delle prime tv commerciali senza canone, che per sopravvivere avevano assoluto bisogno di pubblicitĂ : per la cronaca, il primo âcommercialâ andĂČ in onda sulla Nbc nel 1953. Gli anni cinquanta e sessanta, come tutti sappiamo, videro il boom industriale, economico e consumistico del nostro Paese. Nel 1960 lo stile di vita consumistico americano si impadronĂŹ dellâitalica popolazione e la pubblicitĂ si sbizzarrĂŹ a promuovere e stimolare sempre nuovi consumi. Nel 1966 nasce il codice di autodisciplina pubblicitaria. Gli anni della rivoluzione a cavallo tra il â68 e gli anni â70 videro Il consumo e le ideologie del lavoro. Nacquero innumerevoli prodotti industriali destinati al consumo individuale e famigliare e la pubblicitĂ venne additata come fomentatore del consumismo sfrenato. Infine il primo banner pubblicitario della storia di Internet risale al 1994, e reclamizzava uno dei primi siti commerciali: HotWired.